Commento a Tar Marche sent. 4.09.2023 n. 538

Il Tar Marche ribadisce un principio già noto ma forse non ancora recepito dalle amministrazioni locali: le immagini della videosorveglianza urbana sono atto amministrativo e come tali possono costituire oggetto di atto di accesso agli atti ai sensi dell’art. 22, l. 241/90. C’è ovviamente da contemperare le esigenze del cittadino istante con quello di tutelare la privacy di altri soggetti estrani al sinistro che quindi vanno protetti e tutelati.

Il fatto

Il caso vede protagonista un cittadino del Comune di Fano, il quale, avendo fatto richiesta all’amministrazione comunale delle immagini della videosorveglianza urbana relativamente ad un sinistro in cui era stato coinvolto, si vedeva respingere la domanda. Impugnava pertanto il provvedimento dinanzi al Tar, chiedendone l’annullamento e la condanna dell’ente all’esibizione di quanto chiesto. Il ricorrente spiegava che nel sinistro occorsogli era intervenuta la polizia locale redigendo verbale, nel quale si dava atto che, in assenza di testimoni ed alla luce del file di videosorveglianza, risultava la responsabilità in capo al sig. XY.

«Il ricorrente presentava data 17 febbraio 2023 un’istanza di accesso agli atti ex artt. 22 ss. L. 241 del 1990 al Comune di (Omissis) per ottenere copia: – del “video acquisito” dagli ufficiali di Polizia Locale attraverso le apparecchiature pubbliche di videosorveglianza, citato a pag. 2 della predetta “Relazione”, recante la riproduzione video del sinistro;- di ogni altro atto o documento comunque denominato, ancorché non conosciuto, inerente al sinistro n. ..»

Come detto, l’istanza veniva rigettata e con provvedimento del Data Protector Officer si motivava adducendo prioritari interessi a tutela della privacy, specificando altresì che in base al regolamento comunale la videosorveglianza era finalizzata a ragioni di sicurezza urbana e sorveglianza sull’illegittimo sversamento di rifiuto. Si aggiungeva che “per le altre immagini o filmati degli apparati di videosorveglianza acquisiti dalla Polizia Municipale ed utilizzati dalla stessa o da altre forze di polizia per ragioni di sicurezza urbana ricollegabili a finalità giudiziarie, l’interessato potrà aver diritto all’estrazione di dati che lo riguardano, se non ancora cancellati, solo su espressa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria competente”.

Il Tar delle Marche però seguendo un orientamento consolidato sul punto, accoglie il ricorso, respingendo le motivazioni addotte dal Comune.

«Per condivisibile giurisprudenza, le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrano nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto di accesso, considerata l’ampia dizione di cui all’ art. 22 comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990 e considerato che si tratta di immagini già esistenti, registrate dal comune nell’esercizio di una attività di pubblico interesse (Tar Campania Napoli 2 maggio 2023 n. 253). Non risulta né dal diniego impugnato, né dalle difese comunali che le immagini stesse non siano più in possesso dell’ente».

Spiega poi il Tar che la nozione di “atto amministrativo” è ampia e può riguardare qualsiasi documento detenuto dall’amministrazione (o da un privato)  «purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale»

Il Tar continua censurando il comportamento dell’amministrazione comunale che rinviava ad una autorizzazione non ben definita dell’autorità giudiziaria: cosa assai strana visto che non si comprende come far intervenire un giudice per autorizzare l’esibizione di un atto quando non c’è un giudizio in corso:

«In primo luogo non è chiaro quale sarebbe la competente autorità giudiziaria che dovrebbe autorizzare l’accesso a dati detenuti del Comune».

Inoltre, continua il Tar, «la fonte del diritto di accesso è la legge dello Stato (art. 22 ss. l. n. 241/90 e artt.59 e 60 del d.lgs. n. 196 del 2003) da ritenersi prevalente sulla disciplina del regolamento locale. Il diritto di accesso agli atti costituisce, invero, “principio generale dell’attività amministrativa” ed attiene ai “livelli essenziali” delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».

Ciò che interessa preservare è la effettiva necessità del richiedente che l’accesso agli atti sia funzionale alla tutela dei propri interessi giuridici e sempre che dimostri la stretta corrispondenza e il collegamento tra la situazione che si assume protetta e il documento di cui si invoca la conoscenza.

Resta ferma l’esigenza del contemperamento con esigenza di privacy connesse al documento da esibire.

Anche a tal proposito il Tar precisa correttamente come segue:

«Tenuto conto di quanto sopra, si ritiene che la richiesta di accesso in esame possa essere accolta in parte e con le cautele necessarie a tutelare il contrapposto diritto alla riservatezza altrui, considerato che dalle immagini acquisite tramite il sistema di videosorveglianza potrebbero venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti “terzi”, estranei alla vicenda in questione. In particolare, alla luce dei criteri citati e in ossequio al principio di proporzionalità e di minimizzazione, l’accesso richiesto va consentito limitatamente alle specifiche immagini da cui si evinca la dinamica del sinistro che ha riguardato il ricorrente strettamente indispensabili con oscuramento delle parti di immagini che ritraggano persone e di quelle che contengano ulteriori dati afferenti a soggetti estranei alla vicenda (ancora Tar Napoli 253/2023)».

Il ricorso viene accolto e il Comune condannato ad esibire le immagini nei limiti di quanto detto.

Un monito ai Comuni e ai loro funzionari (in questo caso il responsabile della polizia locale): valutare e vagliare sempre le istanze di accesso agli atti, contemperando al meglio e con buonsenso gli interessi pubblici e privati coinvolti.

© Annunziata Candida Fusco

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