Torniamo ad occuparci di responsabilità da cosa in custodia, questa volta soffermandoci in particolare su una questione di corresponsabilità tra due enti, entrambi tenuti, ciascuno per quanto di ragione, ad una particolare vigilanza sul res. In aggiunta, la pronuncia si contraddistingue per aver nuovamente ribadito e sottolineato la natura, spesso discussa, della strada vicinale pubblica.

Vediamo il caso più da vicino, ripercorrendo il ragionamento della Cassazione a seguito dell‘ordinanza n. 8879/2023.

Il caso

Una donna citava in giudizio il Comune di …. ed il Consorzio Alfa per sentirli condannare in solido, ex art. 2051 e in subordine ex art. 2043 cc, al risarcimento dei danni da essa subiti in occasione del sinistro occorsole lungo una strada vicinale allorchè, di sera, in zona priva di pubblica illuminazione, cadeva in un pozzetto scoperto e non segnalato.

«Esponeva che una sera di settembre tornava in macchina verso l’agriturismo ove avrebbe dovuto pernottare, dopo aver cenato col marito in località …. del Comune di … Dopo aver imboccato e percorso per alcuni km la strada vicinale della … si avvedevano di aver oltrepassato il punto in cui avrebbero dovuto svoltare, il marito cercava di far manovra per invertire la marcia, e, a causa della strada non illuminata e del manto stradale viscido, la vettura slittava sul lato sinistro finendo con la ruota posteriore sinistra in un pozzetto privo di protezione sito al lato della strada. Essendo lo sportello del marito bloccato, la scendeva dalla vettura per aiutarlo nella manovra di rientro in carreggiata, e precipitava nel pozzetto lasciato aperto, riportando gravi danni alla persona».

Il tribunale di Grosseto riteneva responsabile i due enti, condannandoli in solido al risarcimento in favore della donna nella misura di euro 74.000,00.

Comune e Consorzio proponevano appello. Il Comune sosteneva il suo difetto di legittimazione passiva, ritenendo di non essere tenuto ad alcun obbligo di manutenzione e vigilanza, non essendo la strada di sua proprietà sebbene fosse qualificabile come strada vicinale; riteneva unico responsabile il Consorzio in quanto proprietario della strada e riteneva altresì che vi fosse una corresponsabilità della donna e del marito conducente del veicolo.

Il Consorzio, dal canto suo, riteneva responsabili la donna e il marito per la loro condotta colposa; sosteneva la sua mancanza di legittimazione passiva non essendo stati chiamati in causa i proprietari dei fondi antistanti la strada.

La Corte d’appello fiorentina rigettava entrambi gli appelli, confermando la decisione di primo grado.

«In particolare, la corte fiorentina ha evidenziato che l’incidente era avvenuto sulla strada vicinale della … inserita nell’elenco della rete viaria del Comune di … e quindi strada vicinale pubblica , ovvero strada vicinale di proprietà dei frontisti ma sulla quale viene esercitato il pubblico passaggio, con passaggio esercitato da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale, per esigenze di carattere generale tra le quali il collegamento alla via pubblica.

Ribadiva che incombeva sul Comune l’obbligo di sorveglianza anche in riferimento alla esecuzione della manutenzione, con l’onere di sostituirsi ai privati in caso di carenza della stessa.

Rigettava quindi l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Comune e, quanto al Consorzio, ribadiva che lo stesso, in quanto consorzio fra proprietari degli immobili, comproprietari della strada vicinale, fosse direttamente gravato dall’obbligo di manutenzione.

Riteneva quindi entrambi i soggetti pubblici responsabili per custodia ed escludeva motivatamente che la responsabilità degli enti potesse escludersi in ragione del caso fortuito. Accertava che la era caduta rovinosamente in un pozzetto di scolo delle acque, presente al margine della carreggiata, sulla banchina, riservata al transito dei pedoni, pozzetto largo ben un metro per un metro e mezzo, lasciato completamente scoperto e non segnalato, privo di alcuna forma di protezione insistente al margine di una strada priva di illuminazione pubblica. Riteneva quindi che la causa del sinistro fosse da ascrivere esclusivamente alla anomalia della cosa in custodia, mentre le condizioni di tempo (l’ora tarda) e di luogo (la mancanza di illuminazione pubblica, la mancanza di recinzione, la scopertura del pozzetto, la sua collocazione sul luogo deputato al transito dei pedoni) escludessero che il comportamento della che aveva solo cercato di accedere alla banchina laterale, destinata al transito dei pedoni, per aiutare il marito dandogli indicazioni nella manovra, integrasse gli estremi del fortuito, fungendo da elemento interruttivo della serie causale».

Il Comune proponeva ricorso in Cassazione; il Consorzio si inseriva con proprie difese.

La posizione della Cassazione e le massime di diritto.

La Cassazione reputa infondati i motivi di ricorso e motiva come segue.

Il primo punto in discussione è costituito dalla incidenza del giudicato penale nel giudizio civile. Il Comune aveva sostenuto fin dall’inizio che i giudizi di merito non avessero tenuto in debito conto il fatto che vi era pronuncia del GdP penale con la quale il sindaco del Comune era stato prosciolto dal reato di lesioni colpose.

A tal proposito, la Cassazione ribadisce il suo orientamento sul punto:
“L’efficacia di giudicato della sentenza penale irrevocabile di assoluzione nel giudizio civile, di cui all’art. 654 c.p.p., postula, sotto il profilo soggettivo, la perfetta coincidenza delle parti tra i due giudizi, vale a dire che non soltanto l’imputato, ma anche il responsabile civile e la parte civile abbiano partecipato al processo penale (Cass. n. 30838 2018; v. anche Cass. n. 20325 del 2006).

Nel caso di specie, la sentenza assolutoria non spiega alcuna efficacia di giudicato nel distinto giudizio civile risarcitorio sullo stesso episodio, perché la danneggiata non si era costituita parte civile nel giudizio penale»

Quanto alla strada vicinale, teatro del sinistro, non era fondato il motivo secondo cui aveva errato la corte di merito in quanto, pur dichiarando la strada di comproprietà dei frontisti, costituiti in Consorzio, aveva ritenuto il Comune ancora obbligato alla manutenzione e vigilanza.

Anche su questo motivo la Corte non è d’accordo e spiega dettagliatamente perché.

«In relazione alle strade vicinali sussiste la responsabilità per custodia del Comune a prescindere dal fatto che esse siano di proprietà privata, purchè esse siano inserite – come nella specie – tra le strade adibite a pubblico transito. Infatti, va premesso che ai fini della definizione stessa di “strada”, è rilevante, ai sensi dell’articolo 2, comma primo, del nuovo codice della strada, la destinazione di una determinata superficie ad uso pubblico, e non la titolarità pubblica o privata della proprietà. È, pertanto, l’uso pubblico a giustificare, per evidenti ragioni di ordine e sicurezza collettiva, la soggezione delle aree alle norme del codice della strada e la legittimazione passiva del Comune, fondata sugli obblighi di custodia correlati al controllo del territorio e alla tutela della sicurezza ed incolumità dei fruitori delle strade di uso pubblico, in relazione agli eventuali danni riportati dagli utenti della strada. Ciò è confermato dall’ultimo inciso del comma sesto dell’articolo 2, ai sensi del quale anche le strade «vicinali» sono assimilate alle strade comunali, nonostante la strada vicinale sia per definizione (articolo 3, comma primo, n. 52, stesso codice) di proprietà privata, anche in caso di destinazione ad uso pubblico (v. Cass. n. 17350 del 2008; nello stesso senso, v. Cass, n. 14367 del 2018).

La legittimazione passiva del Comune ben può quella del Consorzio dei comproprietari dei fondi viciniori, fondata sul concorrente obbligo di custodia esistente in capo ai proprietari del bene: v. Cass. n. 3216 del 2017: “In tema di responsabilità da negligente manutenzione delle strade, è in colpa la Pubblica Amministrazione che non provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le pubbliche vie, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti delle strade, né ad inibirne l’uso generalizzato; ne consegue che, nel caso di danni causati da difettosa manutenzione d’una strada, la natura privata di questa non è, di per sé, sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale ove, per la destinazione dell’area e per le sue condizioni oggettive, la stessa era tenuta alla sua manutenzione”»

Tutti i motivi sono respinti e la Corte condanna alle spese di giudizio.

© Annunziata Candida Fusco

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