La multiforme varietà attraverso cui oggi è esercitata l’attività di accertamento e stima del danno derivante da circolazione stradale costringe gli operatori del settore ad interrogarsi continuamente sulla legittimità di tutte le pratiche di volta in volta escogitate dall’intelligenza umana o dalle logiche del business. E così ci si chiede quale sarà la prossima frontiera cui la tecnologia e la digitalizzazione delle attività professionali aspireranno.

L’intelligenza artificiale, le community per la raccolta e vendita di foto scattate in tempo reale, la videoperizia e tutte le forme di ispezione da remoto, l’uso di esperti fotografi o esperti motor, il ricorso a neologismi, l’equilibrismo sul filo di una lettura della legge spesso sganciata dai criteri di interpretazione normativa e dalla chiave nomofilattica della giurisprudenza della Cassazione rischiano di generare derive giuridiche oltre che audaci pratiche commerciali al limite della correttezza.

Chi paga tutto ciò, al di là della categoria dei periti assicurativi, sono sicuramente i danneggiati o consumatori, come più genericamente vengono definiti dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato.

Di fronte alla domanda urgente di giustificare nuove forme e modalità di gestione dell’attività peritale, inevitabilmente calata nel contesto innovativo e innovato della nostra epoca, così come per tutte le altre attività, mi è tornata alla mente una discussione che ebbe luogo anni fa quando l’invasione tecnologica non aveva preso ancora così tanto piede.

Da quel dibattito, di cui ebbi modo di occuparmi ex professo e da cui derivò un approfondito studio, vorrei riprendere alcuni spunti e provare a verificare se può essere ancora utile.

Rispolvero ogni volta la disposizione madre, di fonte primaria, presidio non più tanto inespugnabile nonostante la forza che le proviene dalla sua collocazione gerarchica, e riparto inevitabilmente da lì.

Quanto ai documenti che utilizzerò, leggermente datati, non mi risulta siano stati superati da altri più recenti emanati dalle stesse autorità; in caso contrario, sarò grata a chi vorrà fornirmi qualcosa di più recente che possa contribuire a comprendere meglio l’evolversi delle vicende. 

Articolo 156, D. Lgs. 209/2005 – attività peritale
  1. L’attività professionale di perito assicurativo per l’accertamento e la stima dei danni alle cose derivanti dalla circolazione, dal furto e dall’incendio dei veicoli a motore e dei natanti soggetti alla disciplina del presente titolo non può essere esercitata da chi non sia iscritto nel ruolo di cui all’articolo 157.
  2. Le imprese di assicurazione possono effettuare direttamente l’accertamento e la stima dei danni alle cose derivanti dalla circolazione, dal furto e dall’incendio dei veicoli a motore e dei natanti.
  3. Nell’esecuzione dell’incarico i periti devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza.

La riserva di legge e la sua eccezione: l’interrogativo di Ania

All’indiscussa riserva di legge contenuta nel comma 1 dell’art. 156 fa da specchio la deroga, l’unica, contenuta nel comma 2, oggetto anch’essa di ampio dibattito e unanimemente stralciata dalle varie proposte di legge sulla riforma della professione peritale.

Con comunicazione del 22 gennaio 2014, intitolata “Perizie assicurative nei rami auto – Effettuazione affidata a dipendenti”, l’Ania chiedeva alla Consap, da poco subentrata all’Isvap nella tenuta del RPA, di esprimere parere sull’interrogativo formulato. Prima di riportare l’interrogativo, partiamo dalla premessa.

Il ragionamento dell’Ania era il seguente.

«La normativa, nell’attribuire una espressa riserva legale per l’attività professionale di perito solo alle persone fisiche che risultino iscritte nel ruolo in parola e svolgano tale attività in proprio, riconosce al contempo – anche a seguito dell’intervento dell’Associazione in fase di emanazione della legge n. 166 – che le imprese di assicurazione possono effettuare direttamente, cioè senza bisogno di ricorrere al professionista iscritto, l’attività in parola (v. art. 156, comma 2 cod. ass.).

In realtà, in questo caso l’impresa non svolge né può svolgere attività professionale di perito bensì procedere solo ad effettuare un’attività di propria competenza nel quadro della liquidazione del sinistro, liquidazione che lascia alla controparte la possibilità di opporre la sua diversa valutazione attraverso un perito professionista. Ne deriva, in pratica, che l’impresa di assicurazione può effettuare l’accertamento e la stima dei danni auto (r.c. auto, incendio e furto) o affidandoli ai liberi professionisti esterni iscritti nel ruolo nazionale ed esercenti tale attività in proprio, o procedendo “direttamente”, vale a dire impiegando risorse nell’ambio della propria organizzazione».

Nei limiti di spazio di un commento divulgativo quale è questo, è interessante soffermarsi su alcuni passaggi che l’Ania compie.

Prima di tutto, non mette in discussione la riserva di legge in favore dei periti assicurativi, iscritti al RPA, professionisti in proprio (concetto ribadito due volte). Ma su questo non dovrebbero esserci più dubbi dopo i fiumi di inchiostro spesi su tutti i fronti da tutte le parti.

Il secondo passaggio interessante, prima di arrivare al quesito posto, è la delimitazione della deroga: le imprese di assicurazione possono effettuare direttamente l’attività di accertamento e stima del danno al pari dei periti; in tal caso, l’impresa non svolge né può svolgere attività professionale di perito bensì svolge un’attività di propria competenza nel quadro della liquidazione del sinistro, vale a dire, precisa poco oltre, impiegando risorse nell’ambito della propria organizzazione.

Infine, e giusto per inciso, l’Ania aggiunge che nell’effettuare direttamente accertamento e stima del danno, nel contesto della liquidazione, resta comunque ferma la possibilità per la controparte (il danneggiato) di opporre la sua diversa valutazione attraverso un perito professionista (iscritto anch’egli al RPA).

L’interrogativo di Ania a Consap:

“In questo secondo caso (i.e.: comma 2, art. 156), si chiede quali siano le modalità concrete nelle quali possa correttamente svolgersi l’effettuazione diretta della perizia da parte dell’impresa”.

Non volendoci occupare in questa sede di quanto sia giusto o meno che ci sia quella deroga al secondo comma dell’art. 156, ma andando avanti nel ragionamento di Ania, si scopre che essa formula il suo interrogativo per poi cercare di giustificare e legittimare una ulteriore modalità attuativa di quella deroga, considerata già abbastanza audace per i tempi in cui scriveva.

Attività infragruppo o outsourcing?

Secondo Ania, infatti, potrebbe rientrare nella deroga, e quindi configurarsi come esercizio diretto dell’attività di accertamento e stima del danno (comma 2), anche l’ipotesi in cui l’impresa assicurativa affida la predetta attività a «personale dipendente di società di servizi di tipo assicurativo – cioè strumentali all’attività assicurativa in senso stretto, quali ad esempio le attività liquidative – costituita nell’ambito dello stesso gruppo assicurativo, con natura consortile, al fine di razionalizzare e ottimizzare le singole fasi della “attività assicurativa” per l’intero gruppo».

La differenza tra le due ipotesi, secondo Ania, è sottile, ma entrambe orbitano nell’area del comma 2 dell’art. 156, trattandosi soltanto di varie sfumature all’interno delle possibili modalità organizzative dell’impresa. Nel primo caso, quello espressamente normato dal comma 2, art. 156, l’impresa si avvale di suoi propri dipendenti, non periti, inquadrati nella figura del perito-liquidatore prevista dal CCNL 2007 del settore assicurativo (art. 92, area professionale B, posizione organizzativa 1 – IV livello, profilo c). Nel secondo caso, affidamento ai dipendenti di società di tipo assicurativo, l’impresa si avvale di personale dipendente della società appartenente allo stesso gruppo, quindi fuori dalla sua struttura aziendale, ma “all’interno del modello operativo del gruppo assicurativo di appartenenza e comunque sempre sotto il suo controllo e con la sua responsabilità finale”.

«In tal caso infatti, ancorché si sia formalmente di fronte ad una esternalizzazione di funzioni che ricade nell’ambito di applicazione del regolamento n. 20/2008 dell’Isvap, l’esternalizzazione stessa è tuttavia di tipo particolare in quanto affidata, come detto, ad una società consortile controllata dall’impresa assicurativa capogruppo, e costituita appositamente per fornire allo stesso, in esclusiva, servizi amministrativi, informatici, ed altri che ciascuna impresa del gruppo non effettua più in proprio. In tal modo, infatti, tutti i soggetti del gruppo perdono una determinata funzione al proprio interno e la ritrovano esattamente com’era presso la società consortile e a disposizione di tutti e di ciascuno di loro».

Senza entrare nuovamente nel merito strettamente giuridico di quanto scritto da Ania (su cui ci sarebbe altro da dire), limitandoci a quanto qui necessario per le nostre riflessioni, appare evidente che Ania fa ricorso al comma 2 dell’art. 156 per legittimare lo spostamento dell’attività di accertamento e stima del danno dalla struttura interna all’impresa assicurativa (deroga pura) alla struttura di altra società (non necessariamente impresa assicurativa), facente parte dello stesso gruppo e controllata dalla prima o dalla capogruppo. Tale seconda società, che qualifica come società di servizi di tipo assicurativo, società consortile a servizio dell’intero gruppo, si avvarrebbe dei suoi dipendenti (anche in questo caso non periti) che sarebbero sottoposti comunque agli stessi controlli cui sono sottoposti i periti-liquidatori dell’impresa assicurativa: insomma tutto rimane all’interno dell’ampia organizzazione assicurativa, realizzandosi una forma di esternalizzazione rafforzata ai sensi del Regolamento Isvap 20/2008. Ania incrocia le attività infragruppo con quelle esternalizzate e ritiene possibile una risposta positiva al suo interrogativo, visti i numerosi controlli previsti sia in tema di attività infragruppo che in tema di esternalizzazione di servizi.

Esternalizzazione di attività e funzioni dell’impresa assicurativa

L’esternalizzazione menzionata da Ania è così definita all’art. 2, comma 1, lettera f) del Regolamento 20/2008, modificato e integrato dal Provvedimento Ivass n. 17 del 15 aprile 2014 (attuazione delle linee guida EIOPA per la preparazione a Solvency II):

«“esternalizzazione”: l’accordo tra un’impresa di assicurazione e un fornitore di servizi,
anche se non autorizzato all’esercizio di attività assicurativa, in base al quale il fornitore
realizza un processo, un servizio o un’attività che verrebbero altrimenti realizzati dalla
stessa impresa di assicurazione».

Si evince che il soggetto affidatario del servizio può essere impresa che non esercita attività assicurativa.

Il Capo III del Reg. 20/2008 è interamente dedicato all’esternalizzazione. Senza allontanarci dal nostro argomento, ancora una volta facciamo ricorso a quanto ci è utile.

L’articolo 29 definisce l’ambito della esternalizzazione:

Art. 29
(Esternalizzazione di attività)

  1. Le imprese possono concludere accordi di esternalizzazione a condizione che la natura e la
    quantità delle attività esternalizzate e le modalità della cessione non determinino lo svuotamento dell’attività dell’impresa cedente.

    2. Non può in ogni caso essere esternalizzata l’attività di assunzione dei rischi.
    3. L’esternalizzazione non esonera in alcun caso gli organi sociali e l’alta direzione dell’impresa
    dalle rispettive responsabilità.

Il successivo articolo 30 precisa le responsabilità dell’impresa laddove realizzi l’esternalizzazione di attività essenziali o importanti.

Art. 30
(Esternalizzazione di attività essenziali o importanti)

  1. Quando le imprese affidano ad un terzo l’esecuzione di attività essenziali o importanti,
    garantiscono che le modalità di esternalizzazione:
    a) non rechino pregiudizio alla qualità del sistema di governance dell’impresa;
    b) non compromettano i risultati finanziari e la stabilità dell’impresa e la continuità delle sue
    attività;
    c) non compromettano la capacità dell’impresa di fornire un servizio continuo e
    soddisfacente agli assicurati e ai danneggiati;
    d) non determinino un ingiustificato incremento del rischio operativo

Nel successivo art. 32 addirittura si stabiliscono le condizioni da rispettare nello svolgimento del servizio esternalizzato per cui le imprese devono assicurare che siano osservati certi parametri, tra cui, ad esempio che

“il fornitore svolga adeguatamente l’esecuzione delle attività esternalizzate nel rispetto della normativa vigente e delle disposizioni dell’impresa” (comma 1, lett. b).

Infine, per semplificare, l’ultimo comma dell’art. 33 prevede la possibilità che l’impresa di assicurazione e l’impresa fornitrice appartengano allo stesso gruppo: ciò vuol dire che è possibile una esternalizzazione in favore di una società facente parte dello stesso gruppo, come ipotizzato da Ania nel suo interrogativo. Ad ogni modo, è chiaro che gruppo ed esternalizzazione sono due fenomeni differenti, sebbene sovrapponibili.

Dalla lettura delle norme su riportate, sembra di capire che nel caso in cui la società fornitrice appartenga al gruppo dell’impresa che esternalizza, vi è sicuramente un rafforzamento di controlli in quanto l’impresa fornitrice è già di per sé sottoposta ai controlli infragruppo; a questi si aggiungono i controlli relativi all’esternalizzazione del servizio (ricordiamo che il Reg. 20/2008 è dedicato anche ai controlli interni, tra cui quelli infragruppo).

Quali sono questi controlli cui deve sottostare l’impresa fornitrice in favore della quale è stato esternalizzato un servizio anche importante o essenziale?

Art. 33
(Controllo sulle attività esternalizzate)
  1. Relativamente alle attività esternalizzate, il sistema dei controlli interni garantisce controlli di standard analoghi a quelli che sarebbero attuati se le attività fossero svolte direttamente
    dall’impresa. 
    La politica di gestione dei rischi include i rischi specifici connessi
    all’esternalizzazione.
    2. Ai fini di cui al comma 1, le imprese adottano idonei presidi organizzativi e contrattuali che
    consentano di monitorare costantemente le attività esternalizzate, la loro conformità a norme di legge e regolamenti e alle direttive e procedure aziendali, il rispetto dei limiti operativi e delle soglie di tolleranza al rischio fissate dall’impresa e di intervenire tempestivamente ove il fornitore non rispetti gli impegni assunti o la qualità del servizio fornito sia carente
    .


(…) omissis

  1. Qualora l’impresa di assicurazione e il fornitore di servizi appartengano allo stesso gruppo assicurativo, l’impresa nell’adozione dei presidi contrattuali e organizzativi previsti dal
    presente Capo può tener conto della misura in cui esercita sul fornitore il controllo ai sensi
    dell’articolo 72 del decreto e delle relative disposizioni di attuazione.

L’ultimo comma dell’art. 33 fa chiaramente rinvio alla disciplina del controllo infragruppo prevista nel D. Lg. 209/2005 (art. 72, titolo VII).

Art. 34
(Poteri di intervento dell’IVASS)

  1. L’IVASS verifica che l’esternalizzazione delle attività e la loro esecuzione rispettino le
    condizioni di cui al presente Capo.
    2. Qualora, in considerazione della dimensione e della posizione finanziaria dell’impresa di
    assicurazione, della natura dell’attività esternalizzata, delle caratteristiche e della posizione di mercato del fornitore o della qualità del servizio da questo reso, l’IVASS ritenga che possa
    essere compromessa la sana e prudente gestione dell’impresa o arrecato pregiudizio agli
    interessi degli assicurati e dei danneggiati
    , ovvero non sia consentito il pieno esercizio delle
    funzioni di vigilanza, può imporre all’impresa di modificare il contratto di esternalizzazione,
    ovvero, nei casi più gravi, di recedere dal contratto
    .

(…) omissis

Il Regolamento Isvap 20/2008: qualche precisazione

Interessanti le precisazioni svolte sul punto dalla Relazione di accompagnamento al Regolamento dove si legge quanto segue (si riporta in sintesi, rinviando alla relazione per la lettura integrale):

«La sezione I del Capo enuncia i presupposti formali e sostanziali cui è subordinata la possibilità
di esternalizzazione e specifica la portata dei poteri di intervento dell’Autorità.
L’articolo 29 individua un duplice ordine di limiti alla facoltà di esternalizzazione:
• la natura e la quantità delle attività cedute all’esterno e le modalità della cessione non
devono trasformare l’impresa cedente in una “scatola vuota”;
• in conformità ai principi internazionali comunemente accettati che riconoscono l’esistenza di
funzioni assolutamente non affidabili a soggetti esterni, è fatto divieto di esternalizzare
l’attività di sottoscrizione dei rischi – che rappresenta il core business delle imprese di
assicurazione.
Resta naturalmente fermo il principio che l’esternalizzazione di funzioni non può in alcun modo
esonerare gli organi sociali e l’alta direzione dalle proprie responsabilità.

(…)  Le imprese devono garantire che l’esternalizzazione non pregiudichi il proprio sistema
di governance, né la stabilità finanziaria o la capacità di prestare adeguatamente i propri servizi agli assicurati e ai danneggiati, né determini un ingiustificato incremento del rischio operativo.

E’ richiesto, poi, dall’articolo 31, che la politica di esternalizzazione sia previamente definita da
una delibera dell’organo amministrativo che deve includere almeno i criteri di selezione dei
fornitori sotto il profilo della professionalità, onorabilità e capacità finanziaria,
 nonché l’adozione di metodi che consentano di verificare il rispetto di livelli minimi di servizio ovvero il raggiungimento di risultati prestabiliti da parte del fornitore.

(…)

L’articolo 33 indica gli obiettivi a cui devono tendere i controlli dell’impresa sul fornitore e sulla
esecuzione delle attività esternalizzate: in generale va garantito il rispetto di standard di controllo
almeno pari a quelli che sarebbero previsti se le attività fossero svolte direttamente dall’impresa
».

Vediamo cosa rispondeva la Consap all’interrogativo di Ania.

La risposta di Consap all’interrogativo di Ania.

«Consap protocollo 0041327/14 del 18/02/2014 – Oggetto: Perizie assicurative nei rami auto – effettuazione affidate ai periti.

Si riscontra la lettera del 22 gennaio u.s. (…) Al riguardo, come correttamente evidenziato, è necessario ricordare che l’articolo succitato ha previsto una riserva di legge a favore dei periti iscritti nell’apposito Ruolo per l’accertamento e la stima dei danni alle cose derivanti dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, ed un’eccezione a favore di tutte le imprese di assicurazione.

Le imprese di assicurazione, pertanto, possono provvedere “direttamente” all’accertamento ed alla stima dei danni attraverso il proprio personale dipendentetale attività è limitata alla quantificazione e liquidazione del danno e lascia alla controparte la possibilità di contestare la stessa attraverso una perizia effettuata da un professionista iscritto al Ruolo.

Al fine di fornire una risposta al quesito in oggetto è necessario fare una preliminare distinzione, ovvero capire se la società a cui viene affidata questa attività (società controllata) sia un’impresa di assicurazione, oppure una società di servizi di tipo assicurativo».

La Consap parte dall’art. 82 Cap che delimita il gruppo assicurativo al cui interno possono essere incluse anche «le società che hanno come oggetto sociale lo svolgimento di fasi specifiche del ciclo assicurativo, al fine di razionalizzare e ottimizzare le singole fasi della “attività assicurativa” per l’intero gruppo». Pertanto, si possono verificare due casi: nel primo caso, ossia controllante e controllata sono entrambe imprese assicurative; si rimane in tal caso nel perimetro dell’art. 156, comma 2, potendo la controllante affidare l’attività peritale alla società controllata o viceversa, perché entrambe imprese di assicurazione ovvero società autorizzate secondo quanto previsto nelle direttive comunitarie sull’assicurazione diretta (terza alinea, pag. 2, comunicato Consap).

«Nel caso invece in cui l’impresa di assicurazione (società controllante del gruppo) intenda affidare questa attività peritale ad una società di servizi di tipo assicurativo (società controllata), saremmo di fronte ad una esternalizzazione delle funzioni aziendali. Con questa espressione s’intende l’accordo tra un’impresa di assicurazione e un fornitore di servizi, anche se non autorizzato all’esercizio di attività assicurativa, in base al quale il fornitore realizza un processo, un servizio o un’attività che verrebbero altrimenti realizzati dall’impresa d’assicurazione stessa».

Il modello in questione era stato introdotto dal D. Lgs 373/98 che legittimava un modello organizzativo già suggerito dalla prassi aziendale “estendendo così anche alle attività svolte in outsourcing la vigilanza assicurativa”.

Nello specifico caso sottoposto alla sua attenzione dall’Ania, la Consap precisa che siamo di fronte «ad una esternalizzazione di funzioni di tipo particolare, in quanto l’attività peritale viene affidata ad una società di servizi facente parte del gruppo stesso, che ricade nell’ambito di applicazione del Regolamento n. 20/2008 dell’Isvap. L’art. 29, comma 1, del succitato Regolamento, infatti, prevede che le imprese di assicurazioni possano concludere accordi di esternalizzazione a condizione che la natura e la quantità delle attività esternalizzate e le modalità di cessione non determinino lo svuotamento dell’attività dell’impresa cedente. E ancora il secondo comma dell’art. 29 prevede che l’unica attività che l’impresa d’assicurazione non può esternalizzare è l’attività di assunzione dei rischi».

«In definitiva, si ritiene di poter condividere le conclusioni rassegante da codesta Associazione circa la possibilità per le imprese di Assicurazioni di affidare a strutture appartenenti al medesimo gruppo assicurativo lo svolgimento di fasi del ciclo produttivo».

In sintesi, la Consap risponde affermativamente al quesito di Ania, precisando la debita differenza tra controllo infragruppo tra imprese assicurative ed esternalizzazione nel caso in cui la società affidataria sia impresa diversa da quella assicurativa, pur rimanendo all’interno dello stesso gruppo.

Sebbene partendo da presupposti diversi, Consap giustifica la soluzione suggerita da Ania al suo stesso interrogativo, ossia è possibile affidare lo svolgimento dell’accertamento e stima a dipendenti (non periti?!) di società di servizi, in quanto attività esternalizzata all’interno del gruppo. Risposta che lascia un po’ perplessi, vista la normativa in materia di attività peritale.

Conclusioni

Pare dunque di capire che nel 2014 la Consap arrivava a questo punto fermo:

sì alla esternalizzazione dell’attività di accertamento e stima ex art. 156, comma 1, Cap, in favore di una società infragruppo, anche non impresa assicurativa, in quanto il Regolamento non impedisce di affidare all’esterno tale attività; in tal caso, non è necessario chiamare in ballo il comma 2 dell’art. 156 Cap e si applicheranno i controlli dell’outourcing in aggiunta ai controlli interni.

In realtà, la risposta di Consap, a mio avviso, lascia aperti alcuni interrogativi e dubbi, ancor più se si considera che dal 2014 ad oggi la realtà si è arricchita di multiformi possibilità:

  • Sembra di capire che Consap ritenga possibile l’esternalizzazione in favore di società infragruppo, non impresa assicurativa; in tal caso, le perizie possono essere eseguite da dipendenti non iscritti al ruolo, come suggerito da Ania (che però fa appello all’art. 156, comma 2. Domanda: è corretto così? viste tutte le indicazioni fornite dal Regolamento 20/2008 e la normativa, anche regolamentare sull’attività peritale.
  • E’ possibile un affidamento in outsourcing dell’attività ex art. 156, comma 1, in favore di impresa non assicurativa esterna al gruppo(ipotesi non indagata da Ania e Consap); in tal caso, le perizie saranno eseguite da dipendenti non abilitati o da periti iscritti?
  • Come giustificare, alla luce della normativa vigente e delle indicazioni fornite da Consap sulle attività in outsourcing, le altre modalità oggi messe in essere dalle imprese assicurative per l’accertamento e la stima dei danni derivanti dalla circolazione stradale (videoperizia, raccolta foto in community ecc.)?
  • Quali controlli deve mettere in campo l’impresa assicurativa che esternalizza l’attività ex art. 156, comma 2, Cap?
  • Quale vigilanza mette in campo l’Ivass in caso di esternalizzazione dell’attività ex art. 156, comma 2, Cap?

Credo siano queste alcune delle domande a cui principalmente gli operatori dovrebbero provare a dare risposta, ciascuno per quanto di ragione, nell’affrontare il problema della legittimità di varie forme o modalità di esercizio dell’attività peritale in questo preciso momento storico, nel contesto economico sociale che ci appartiene.

Se la riserva di legge di cui al primo comma dell’art. 156 interroga su chi sia il perito e su quali competenze deve avere, su quali siano gli strumenti oggi a sua disposizione per accertare e stimare il danno, la deroga di cui al secondo comma interroga su quali modalità operative può avere oggi l’impresa assicurativa che intende stare al passo con le innovazioni tecnologiche e le nuove modalità organizzative della propria governance, avendo davanti a sé la duplice scelta di potersi avvalere ancora dei suoi professionisti abilitati ovvero di altre soluzioni ipoteticamente rientranti in quello spazio aperto lasciato dalla deroga.

La domanda delle domande è: fin dove ci si può spingere sull’uno e sull’altro fronte alla luce della normativa vigente?  A mio avviso, la risposta di Consap poteva essere leggermente più dettagliata; al contempo, la risposta di Consap, proprio perché parzialmente esaustiva, non va dilatata per giustificare qualsiasi cosa suggerisca la prassi commerciale del settore. Viste le incertezze nelle quali oggi si naviga, non è escluso che Consap possa nuovamente intervenire e precisare il suo pensiero, tenuto conto dell’evoluzione che intanto si è avuta nel settore. Fermo restando che, come essa stessa ama ripetere, Consap non ha potere di interpretazione autentica rispetto alla normativa di settore.

A chiudere il cerchio, il Comunicato di Ania – prot. 0079 del 27 febbraio 2014, che soddisfatta, affermava quanto segue:

«E’stato chiesto di sapere se è possibile, per un’impresa di assicurazione, svolgere “direttamente” tale attività peritale, affidandola, oltre che a propri dipendenti, anche a dipendenti di “società di servizi” appartenenti al medesimo Gruppo assicurativo” (l’interrogativo qui riformulato non lascia ombra di dubbio, ndr). Al riguardo, ci fa piacere comunicare che la Consap – accogliendo le tesi in proposito sostenute dall’Associazione – si è pronunciata positivamente circa tale possibilità, condividendo l’assunto che lo svolgimento della suddetta attività, da parte di una compagnia di assicurazione, si realizza anche quando le perizie vengono affidate a società di servizi (che operano nel campo della liquidazione sinistri) facenti parte dello stesso Gruppo assicurativo e comunque operanti sotto il suo controllo (anche qui si ribadisce che il caso esaminato è quello della esternalizzazione infragruppo».

Va ricordato che Ania ribadiva il suo assunto in sede di audizione al Senato in occasione dell’esame del DDL 1217: in quella sede, senza scendere nei dettagli, riportava in sintesi il risultato dell’interlocuzione.

«Si ricorda che già in passato l’ANIA aveva sottoposto la questione dello svolgimento dell’attività “peritale”, secondo quanto previsto dal CAP, a valutazione della CONSAP, la quale aveva riconosciuto che l’impresa può svolgere tale attività:
  1. a) direttamente, tramite suoi dipendenti;
  2. b) tramite periti iscritti al Ruolo;
  3. c) tramite l’esternalizzazione dell’attività ad una società di servizi o ad una società appartenete a un Gruppo assicurativo»

(testo Audizione Senato, pag. 5, del 6 luglio 2021).

E le fotografie scattate da professionisti non abilitati?

A dispetto della brevità che mi ero imposta in apertura, per dovere di completezza ed organicità, mi sovviene un altro interrogativo pure posto prepotentemente all’attenzione della Consap ossia se sia legittima la pratica di consentire a soggetti non iscritti al RPA

 di scattare foto ai veicoli danneggiati da ispezionare, siano essi collaboratori, praticanti, carrozzieri e simili o personale dipendente di società di servizi incaricate da imprese assicurative (è evidente che questo aspetto è una sfumatura del problema più grande che abbiamo tentato di esporre finora).

In questo caso, ci soccorre una comunicazione del 2019 di Consap, inviata via pec a seguito di richiesta di chiarimenti sul quesito se l’attività di rilevazione fotografica rientrasse nell’ambito delle attività riservate ai p.a. iscritti al ruolo (in realtà la Consap ha ribadito più volte il suo pensiero sul punto, rispondendo a comunicazioni ad essa rivolte da varie associazioni peritali e/o singoli professionisti).

Ebbene la Consap, dopo aver ricordato la riserva di legge, rispondeva così:

la predisposizione del materiale fotografico necessario per la redazione di un elaborato peritale rientra tra le competenze del perito assicurativo” (pec del 18.04.2019). In altre occasioni ha pure meglio precisato che le fotografie devono essere scattate da perito e non da soggetti terzi, trattandosi di attività prodromica e funzionale alla redazione della perizia.

Non ci resta che attendere pazientemente risvolti significativi del dibattito in corso, osservando fiduciosi le strategie e le acrobazie che l’intelligenza artificiale e l’arguzia umana sapranno suggerire.

© Annunziata Candida Fusco

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