Cassazione ord. 28 agosto 2025 n. 24054 affronta un caso di tamponamento a catena nel quale un ruolo fondamentale ha giocato il Modulo CAI.
Vediamo il caso.
Tizio agisce innanzi al GdP di Roma chiedendo la condanna della L.R. srl al risarcimento dei danni subiti nel sinistro avvenuto in Roma dove il suo motociclo Yamaha veniva tamponato dal veicolo Fiat di proprietà della società, per effetto del tamponamento, il motociclo finiva contro il veicolo che lo precedeva (modello Honda).
Il Gdp di Roma respingeva la sua domanda e lui proponeva appello davanti al Tribunale di Roma, ma anche quest’ultimo respingeva la domanda di Tizio che, senza arrendersi, portava le sue istanze in Cassazione.
Le ragioni di Tizio: una erronea valutazione della rilevanza probatoria del modulo CAI.
Il Tribunale di Roma aveva richiesto a Tizio di suffragare le dichiarazioni contenute nel modulo a doppia firma con altri strumenti probatori in quanto le predette dichiarazioni erano in contrasto con le risultanze della ctu e con il materiale fotografico raccolto. Insomma, contrariamente a quanto sostenuto dall’orientamento prevalente, secondo cui il modulo CAI, sottoscritto congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro, genera una presunzione iuris tantum in ordine alla veridicità delle circostanze, della dinamica e delle conseguenze del sinistro in esso rappresentate, valevole fino a prova contraria, il Tribunale aveva chiesto non alla compagnia di fornire prova contraria bensì allo stesso attore di fornire altre prove a supporto della sua domanda!
Il Tribunale di Roma aveva dato maggior peso alle fotografie prodotte, ritenendo che da esse emergesse una incompatibilità dei danni laddove le stesse foto erano state considerate sufficienti sia dal ctu che dal perito della compagnia che, viceversa, avevano ritenuto compatibili i danni descritti.
Come era possibile tutto ciò? Che fine aveva fatto la giurisprudenza consolidata in materia di valore probatorio del Modulo Cai?
C’era un particolare da evidenziare in questa vicenda: la dinamica descritta inizialmente dall’attore era un po’ carente; però il modulo CAI, allegato sia alla messa in mora che all’atto di citazione, era servito proprio a meglio descrivere quanto risultava lacunoso e poi precisato in corso di causa.
Errori che possono capitare, ma Tizio confidava appunto della rilevanza del modulo allegato, sottoscritto da entrambe le parti.
La Cassazione riporta un po’ di ordine in questo caso alquanto confuso e dice chiaramente quanto espresso ormai in tante pronunce:
“Il modulo CAI, sottoscritto congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro, genera una presunzione iuris tantum in ordine alla veridicità delle circostanze, della dinamica e delle conseguenze del sinistro in esso rappresentate, valevole fino a prova contraria”.
Nel caso in questione, il giudice di merito ha davvero errato, in quanto ha operato un’inversione dell’onere della prova.
“Anziché porre a carico della compagnia di assicurazione, che contestava le risultanze del modulo, l’onere di fornire una prova contraria idonea a superare la presunzione legale, il Tribunale ha erroneamente richiesto all’attore di fornire ulteriori elementi di conferma a sostegno di quanto già attestato nel modulo stesso. A fronte di un modulo di constatazione amichevole compilato e sottoscritto”.
Secondo un consolidato orientamento, che qui si ribadisce, “la dichiarazione contenuta nel modulo CAI non ha valore di piena prova, ma di presunzione legale iuris tantum, superabile con prova contraria da parte dell’assicuratore”.
Queste considerazioni continuano anche con l’uso del modulo CAI digitale che, si ricorda, è facoltativo e non obbligatorio.
🔶 A cura del Comitato Scientifico

Il Comitato Scientifico AIPED analizza e commenta periodicamente la giurisprudenza in materia assicurativa e peritale, con l’obiettivo di promuovere una cultura tecnico-giuridica fondata su competenza, etica e correttezza professionale.





